Un ricordo di Dario Fo

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Leggo e ascolto ricordi su Dario Fo. Molte celebrazioni ma anche qualche giudizio esageratamente “tranchant”. Anch’io voglio dare un saluto a Dario Fo. Senza paroloni ma raccontandolo come l’ho vissuto io.

A me Dario Fo da ragazzo mi stava sulle balle, milanese, comunista, rappresentava modi che sentivo molto lontani da me. In realtà non lo conoscevo e non sapevo nulla di lui. Ero rimasto alla superficie senza scavarla.

C’è voluto del tempo per capire chi fosse davvero Dario Fo. Intanto io ho superato le barriere ideologiche e localistiche che me lo tenevano lontano. Per fortuna nella vita talvolta si cambia ed io “cambietti”…

Ma solo col tempo poi ho apprezzato i suoi scritti, l’ho visto a teatro, fin quando non ho avuto modo di conoscerlo personalmente, come altri tanti  frequentatori di Alcatraz, dal figlio Jacopo, dove Dario Fo si dava totalmente alle tante persone che curiose, si avvicinavano a lui. Senza quella spocchia o quella  puzza sotto il naso che hanno molti navigati teatranti, che magari pensano che, solo perché hanno superato la settantina, debbano essere per forza chiamati “maestri”, anche se sono solo guitti di terz’ordine.

Per chiamare Fo bastava chiamarlo col suo nome, Dario! Lui si voltava, ti sorrideva e si avvicinava a te. Io non ho voluto disturbarlo più di tanto, gli ho solo chiesto di autografare un suo libro e lui l’ha fatto, dedicandomi una figura disegnata “al volo” sul frontespizio, non per nulla era diplomato all’Accademia di Brera e, se non fosse stato colto per “colpa” di Franca Rame dalla “pazzia” del Teatro, probabilmente sarebbe diventato un artista del pennello.

Questa figura è l’immagine in testa a questo post.

Lui e Franca Rame erano una coppia di persone estremamente gentili, disponibili, umane. E dire che di avventure ne avevano passate tante, dai grandi successi alle censure ed ai boicottaggi, alle violenze subite. Ma in loro, vedendole come persone e non come “personaggi”, non c’era rabbia, c’era gioia di vivere, anche se negli occhi di Dario Fo calava un velo di malinconia quando vedeva che la sua Franca non stava bene.

Con la Franca Rame una volta ebbi modo di avere una chiacchierata sui suoi trascorsi di “politica” e mi raccontò un po’ di quei fatterelli che in parte scrisse anche nel suo blog. Il suo rapporto con i colleghi politici, il suo primo incontro con Andreotti e tante altre piccole storie di una Senatrice incapace di familiarizzare con i suoi colleghi, che le sembravano degli “alieni”. Con la Rame ebbi anche qualche scambio epistolare dai rispettivi blog.

Il ricordo più importante di Dario Fo sono le sue lezioni di teatro a cui ho avuto la fortuna di partecipare, in cui univa la sua bravura tecnica ad una energia stupefacente per l’età che aveva.

Praticamente era roba che stavi a seguirlo ininterrottamente per due ore di seguito a bocca aperta, tante erano le magie che riusciva a creare con la sua affabulazione, la sua gestualità, la sua espressività.

Per rappresentare un concetto subito lo metteva in pratica regalando pezzetti di grande teatro in pochi secondi, schegge di sue opere interpretate all’istante. Vero Genio del Grammelot! E non solo di quello…

E’ strano che proprio oggi che ci lascia un Premio Nobel come Dario Fo, lo stesso  premio venga assegnato ad un altrettanto popolare icona del nostro tempo, un altro menestrello talentuoso, tal Robert Allen Zimmerman normalmente conosciuto come di Bob Dylan.