L’ipocrisia dietro il ricordo di Giovanni Falcone

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Oggi, 23 maggio 2020, tutta Italia o quasi è unita nel ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

L’unione nel ricordo di Giovanni Falcone sarebbe una cosa meravigliosa, peccato che nel coro ci siano tantissime voci stonate, sono le voci di chi ha partecipato alla uccisione di Falcone, non solo e tanto l’uccisione fisica, ma di quella mediatica, istituzionale, politica.

Iniziamo dalla politica. Gran parte della politica ha remato contro Falcone. O dichiaratamente o tra le righe. A parte Claudio Martelli, a cui va dato atto di aver ridato una dignità al ruolo di Giovanni Falcone nell’ultimo periodo della sua vita, quando lo volle al ministero della giustizia per tirare i fili dall’alto alla lotta contro la mafia, a livello nazionale ed internazionale.

Falcone era noto in molte parti del mondo per la sua capacità di fare indagini anche a livello finanziario ed internazionale. Aveva collaborato con Carla Dal Ponte, giudice svizzero, per un’inchiesta sul riciclaggio in Svizzera dei soldi della mafia e con alcuni magistrati statunitensi, tra cui Rudolph Giuliani, per l’inchiesta “Pizza Connection” che vide la condanna, tra gli altri, di Gaetano Badalamenti, grazie la testimonianza di alcuni pentiti, di cui il principale era Tommaso Buscetta. Buscetta si rifiutò sempre di fare i nomi a Falcone della cupola politica della mafia, dicendo che se li avesse fatti, sarebbero stati nomi così clamorosi ed importanti che sia lui che Falcone avrebbero perso di credibilità.

E la politica tirava addosso a Falcone. Quasi mai direttamente ma quasi sempre agiva “di sponda”. Ricordiamo una puntata del Maurizio Costanzo Show dove Leoluca Orlando Cascio, Alfredo Galasso (all’epoca della RETE) e Totò Cuffaro sparano a zero su Falcone, accusato di prendersela con alcuni notabili DC. All’epoca la DC era il principale punto di riferimento politico della mafia. Non l’unico, perchè la tattica della mafia è stata sempre quella di puntare contemporaneamente su più cavalli, in modo da avere sempre un referente politico sulla cresta dell’onda.

Naturalmente, questi sono piccolissimi esempi mediatici, le problematiche erano molto più profonde. Falcone fu ucciso la prima volta quando doveva prendere il posto di Antonio Caponnetto, l’inventore del pool antimafia, come Nuovo Consigliere Istruttore a Palermo. A lui, che era stato uno dei principali artefici del Maxiprocesso, gli fu preferito un oscuro magistrato, Anonino Meli, del tutto inesperto in inchieste di mafia. Il CSM ribaltò qeullo che era l’opinione comune, cioè che solo Falcone avesse la competenza di prendere questo incarico. Falcone riamse colpito da questo smacco, Borsellino parlò espressamente di alcuni “giuda” del CSM che avevano tradito la cuasa antimafia. Tra loro sicuramente c’erano elementi togati ed elementi politici.

Del resto dalle sponde radicali c’era un Leonardo Sciascia che, facendo riferimento a Falcone, parlava di “professionisti dell’Antimafia”. Ecco che l’elenco dei nemici di Falcone di allarga sempre di più. Tra politici che navigavano notoriamente in acque mafiose, quelli che facevano i garantisti coi boss (e lo fanno tuttora) e quelli che facevano l’opposto di quello che dicevano, ecco un quadro estremamente ostile che porterà l’isolamento anche istituzionale di Giovanni Falcone.

E i colleghi giudici? Ricordate il “CORVO” della Procura di Palermo? Non si ebbe mai con certezza il nome, ci furono dei sospetti, ma il caso si chiuse senza nessun processo. E i servizi segreti? Il caso Contrada?

C’erano delle talpe a Palermo, erano giudici, poliziotti, gente dei servizi segreti, che riportavano le notizie a vertici istituzionali di Roma.

Ma dei nomi eccellenti della politica italiana che erano gravemente collusi con la mafia, che ricoprivano all’epoca le più alte cariche istituzionali, primi ministri, ministri, presidenti della repubblica, ecc, l’unico che subì un processo fu Giulio Andreotti.

Ma andiamo avanti con GLI IPOCRITI CHE OGGI PIANGONO GIOVANNI FALCONE.

Ci vogliamo mettere anche molti cittadini di Palermo, che all’epoca del maxiprocesso, si lamentavano ogni giorno delle scorte dei giudici che sfrecciavano nelle vie di Palermo col mitra in mano? Molti di loro manifestarono contrarietà contro i giudici che rischiavano ogni giorno la vita per la libertà di tutti.

Il 21 giugno del 1989 sugli scogli dell’Addaura si ritrovò un borsone esplosivo pieno di esplosivo, indirizzato a Falcone ed a Carla Del Ponte, che erano riuniti in quella località per alcune inchieste comuni. L’attentato era preparato in vista di un possibile bagno a mare in una pausa di lavoro,. Fallì solo perchè non ci fu nessun bagno a mare, come era stato previsto. Anche qui era evidente la presenza di talpe molto vicine a Falcone. Ma i media ribaltarono tutto, si disse era un finto attentato creato ad arte da Falcone stesso. Era il metodo mafioso: finchè non riesci ad uccidere il tuo nemico lo delegittimi. Ricordo a questo lo sfogo amaro di Falcone stesso, durante una intervista:

Ho ritrovato questo discorso di Paolo Borsellino, il suo ultimo discorso pubblico, che ben spiega quello che abbiamo detto precedentemente, parlando dei “Giuda” che avevano tradito Giovanni Falcone, e di altre cose gravissime una parte delle istituzioni, come l’ “aggiustamento” di alcuni processi da parte della Corte di Cassazione:

Infine vi voglio far vedere una chicca che ho scoperto per caso, bellissimi di ricordi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino:

Torniamo al titolo del post: ipocrisia.

Sì, perchè ancora oggi, parte dello Stato, delle Istituzioni, dei politici e dei media, sarebbe ancora oggi i “Giuda” che hanno tradito Giovanni Falcone. Non è cambiato quasi niente. La mafia esiste ancora ed è ben inserita nei luoghi di potere, quelli che contano.

E’ inutile fare nomi. Basta vedere le inchieste giudiziarie, le storie di certi personaggi, i collegamenti mafia-affari-massoneria-politica e via di seguito…

Ci sono dentro ancora politici, magistrati, poliziotti, servizi segreti, pezzi delle istituzioni, giornalisti…

 

La mafia è una montagna di merda…

Mi ricordo quel 9 maggio…

Oggi è il 9 maggio ed è il giorno in cui mi ricordo tre diversi fatti tragici  avvenuti in Italia, sia pure in anni diversi, che mi sono rimasti stampati nella memoria.

L’uccisione di Aldo Moro, da parte delle B.R., ed il ritrovamento del suo corpo dentro una renault rossa, in via Caetani, a due passi dalle Botteghe Oscure.

 

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Di quel periodo ricordo che il rapimento del Presidente della D.C. procurò grandissimo clamore. Ricordo anche un episodio di cui fui testimone diretto. In quel periodo ancora facevo politica e fui fermato per un volantinaggio non autorizzato. Mentre venivo portato al commissariato ascoltai, dalla radio della volante, la voce concitata della centrale operativa che annunciava un fatto gravissimo avvenuto a via Fani. La notizia doveva essere inusuale anche per le pattuglie perchè fu seguita da una serie di richieste di chiarimento da parte dei riceventi, cosa che in genere non accade. La voce della centrale operativa disse seccamente: attenzione trattasi di persone molto pericolose. Ancora non si sapeva esattamente come era avvenuto l’agguato e forse neanche chi erano le vittime. Tutto si chiarì più tardi quando al commissariato a me ed un mio amico, fermati poco prima, fu detto sbrigativamente di andarsene perchè cose molto più gravi erano nel frattempo avvenute e quello che eventualmente poteva riguardarci era assolutamente marginale (“non posso perdere tempo con le vostre cazzate”) . Seppi solo più tardi che si trattava del rapimento di Aldo Moro.

Di quel rapimento mi colpì la serie di notizie che uscirono periodicamente, alcune delle quali erano chiaramente delle fake news o erano comunque “strane”, tipo la seduta spiritica nella quale sarebbe uscito fuori l’indirizzo di dove era tenuto prigioniero Moro. Mi ricordo che si fecero delle ricerche al Lago della Duchessa, a seguito di notizie depistanti. E poi si fecero delle ricerche a Gradoli. Curioso che poi successivamente uno covi delle B.R. fu trovato a via Gradoli, grazie ai pompieri che erano intervenuti per una perdita d’acqua (chiamati da qualcuno) E poi la storia, confermata dallo stesso Cutolo, del boss della camorra che si prestò ad un tentativo di mediazione coi brigatisti. Dentro l’affaire Moro ci fu di tutto, un via vai dei Servizi Segreti, gli americani, le lotte interne della DC. Sfortunatamente per Moro, la maggior parte di questi intrecci non era favorevole ad un suo salvataggio e Aldo Moro fu trovato via Caetani dentro il portabagagli della renault. La sua foto fece il giro del mondo e rimane indelebile nella mia memoria. L’altra testimonianza del caso Moro fu quando vidi a via Guido Reni, sede centrale della polizia, partire tutte insieme un numero incredibile di auto della polizia, in fila indiana con le sirene spiegate, tutte invano a caccia del rifugio di Aldo Moro. Una visione molto “scenografica”.

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Secondo fatto, quello della morte di Peppino Impastato, di cui non ricordo nulla all’epoca dei fatti, ma di cui seppi tutto a distanza di tanti anni e mi piace ricordarlo comunque  per la sua lotta alla mafia, senza alcuna paura.

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Terzo fatto, uno dei misteri giudiziari italiani, l’omicidio di Marta Russo. Fu una di quelle storie noir rimaste nei ricordi di quegli anni novanta, esattamente il 1997. Una morte assurda, per la quale furono condannati Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone. Com,e in tutti i casi dove la verità non è stata mai completamente chiarita, anche in questo fatto le indagini furono lacunose, macchinose ed imprecise, fatto sta che la condanna dei due principali accusati non haa svelato tutta la verità, l’arma del delitto non è mai stata trovata, ed è rimasta una brutta pagina della giustizia italiana. Questo fatto si accomuna ad altre due morti misteriose, avvenute in giorni diversi, non il 9 maggio, ma che hanno un percorso simile di mistero e stavolta con dei colpevoli non trovati: il caso di Simonetta Cesaroni e quello della Contessa Filo della Torre. Ma di queste storie parleremo un’altra volta…

Rimangono i volti di questi tre personaggi assolutamente diversi l’uno dall’altro ma accomunati dal triste fatto di essere stati uccisi, ingiustamente, lo stesso 9 maggio.

Che Dio renda loro giustizia, se esiste…

E’ morto “Totò” u curtu…

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E’ morto Totò Riina, soprannominato “Totò u curtu” o “la Belva”.

E’ stato il più importante Capomafia per quasi 40 anni. Il capo-dei-capi.

Fu soprannominato “La Belva” per la crudeltà con la quale era uso far fuori non solo i nemici della mafia ma anche i suoi compari mafiosi quando pensava si potessero frapporre tra lui ed il Potere Mafioso Assoluto.

Superò infatti la logica dei “Mandamenti”, per la quale la mafia precedentemente aveva un carattere locale, essendo divisa in “Mandamenti”, che pressapoco rappresentavano province o pezzi di provincia. A livello più alto i vari mandamenti si riunivano periodicamente per decidere la politica mafiosa in senso più ampio, programmando insieme “gli affari” a livello globale oppure le intimidazioni e le uccisioni da porre in atto. Se un mandamento doveva compiere una azione nel territorio di competenza di un altro mandamento si doveva far autorizzare da quest’ultimo, altrimenti tale azione sarebbe considerata un grave sgarbo.

Le azioni più importanti erano decise dall’assemblea dei mandamenti.

Riina superò tutto questo, uscendo dall’ottica dei mandamenti stessi. Per far questo lui ed i suoi compari “corleonesi” (tra cui spiccava Provenzano) ingaggiarono una guerra senza quartiere contro i capi del mandamento palermitano, che sottovalutano quei due contadini incolti che provenivano da Corleone, chiamandoli sprezzatamente “viddani”.

Uccise tutti i suoi avversari prima ancora che essi si rendessero conto di essere nel mirino di Riina.

I referenti politici di Riina e Provenzano furono alcuni uomini politici della corrente di Andreotti, in particolare Vito Ciancimino, di cui si è tornato a parlare recentemente per via della trattativa Stato-Mafia, che avvenne durante il periodo delle grandi stragi mafiosi quando alcuni elementi, a livello istituzionale, dello Stato, scesero a patti con la parte meno violenta di cosa nostra (alias Provenzano) per impedire che la parte più violenta (alias Riina) continuasse a fare quelle ecotombe di morti. In cambio si prometteva l’attenuazione del carcere duro per i mafiosi ed altri “ammorbidimenti” nonché un cambio sulla normativa riguardante i pentiti. Dalle ultime dichiarazioni di Massimo Ciancimino sembrerebbe che Provenzano sia stato lasciato libero per diverso tempo proprio per attivare questa trattativa.

A carico di Riina, oltre le uccisioni dei suoi avversari mafiosi, le principali stragi di mafia degli anni novanta (Falcone e Borsellino) e la carneficina dei parenti di pentiti.

Comunque, ora Riina è morto, ci ricordiamo la futile polemica dei radicali a favore della scarcerazione del boss per la detenzione domiciliare. Riina è morto in ospedale, come sarebbe morto qualsiasi cittadino, quindi appare ancora più inutile quella richiesta. Anche perchè non possiamo mai SCORDARCI la sfilza lunghissima di persone, più di cento, di cui molti servitori dello stato, uccisi vigliaccamente da Riina ed i suoi accoliti.

Totò Riina, che le fiamme dell’inferno, se esiste, ti accolgano con tutto il loro calore!!

 

25 Anni dall’uccisione di Borsellino…la mafia c’è ancora…

 

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19 luglio 2017. Ennesimo anniversario della barbarica uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Ricordiamo anche loro perchè ci hanno donato la vita per combattere la mafia e per  farci vivere meglio.

La mafia c’è ancora…

Ad esempio, dietro i ROGHI di questi giorni, spesso pilotati da qualche manina mafiosa, dietro la corruzione endemica dell’italia, dietro la malagiustizia ( vedere il caso Bossetti, ad esempio). Un Italia dove il cittadino è sempre più suddito, mentre una classe digerente (non è un refuso, non volevo dire dirigente) sempre più attaccata alle sue prerogative mentre molti anziani sono costretti a cercare cibo nei cassonetti.

La Mafia è dietro il POTERE.

Pensate a REGIORGIO che va in vacanza, rigorosamente con volo di stato (il suo rapporto con i viaggi aerei è stato sempre motivo di critiche, da quando era eurodeputato e godeva di rimborsi esagerati) portandosi dietro uno stuolo di segretarie e di uomini di scorta, pagati dalla signora Maria di Vigevano che campa con 450 euro al mese, mentre il sovrano della malapolitica italiana incassa una serie strepitosa di pensioni d’oro che si sono accumulate nel corso degli anni. Certo, non possiamo dire che Napolitano sia mafioso, ci mancherebbe altro, ma come non ricordare tutta la sua carriera politica, come quando da ministro dell’interno secretò le confessioni di Pasquale Schiavone sui rifiuti tossici della Terra dei Fuochi?

Oggi tutta l’Italia è la TERRA DEI FUOCHI.

E la colpa non è di NESSUNO. Come sempre…

LA MAFIA E’ LA POLITICA CHE NON SERVE PIU’ I CITTADINI MA CHE FA I FATTI SUOI

Come si può commemorare Paolo Borsellino, UCCISO DALLO STATO PER MANO MAFIOSA?

Come si può commemorare Paolo Borsellino, LASCIATO SOLO DAL CSM e da tanti suoi colleghi?

Come si può commemorare PAOLO BORSELLINO quando uomini politici vicini alla mafia ed alla camorra, continuano tranquillamente a fare i loro affari, protetti da organi deviati dello stato?

Scusatemi se il 19 Luglio 2017 mi trovate un pochino incazzato…

Alcune prospettive della “Nuova Mafia”

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Ho avuto modo di ascoltare gli interventi di Roberto Scarpinato,magistrato antimafia già facente parte del Pool di Falcone e Borsellino ed attualmente P.G. Della Corte D’Appello di Palermo, il 19 luglio 2016, in occasione dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, in cui erano presenti anche Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Animafia  e Franco Roberti, attuale Procuratore Nazionale Antimafia. Molto interessanti un po’ tutti gli interventi ma quello di Scarpinato l’ho trovato il più interessante di tutti. Mi ha colpito infatti la sua descrizione della nuova mafia.

Parto dalle sue considerazioni per aggiungere qualche mio pensiero in proposito..

Secondo Scarpinato la mafia ha cambiato pelle ed ha assunto varie maschere.

C’è ancora quella mafia di una volta, dei Riina e dei Provenzano, la mafia delle estorsioni, del pizzo, che “amministra” in qualche modo interi territori sfruttando le carenze e l’assenza dello stato mafia che però è più facile da individuare e colpire e che, tutto sommato, oggi fa meno paura e, probabilmente è in declino, in quanto il commercio degli stupefacenti è per lo più in mano alla camorra ed ad altri gruppi criminali, mentre gli appalti in edilizia, in sicilia, su cui la mafia fatturava una barca di soldi, oggi risentono sia della crisi economica che toglie fondi alle amministrazioni locali sia della profonda crisi dell’edilizia.

Poi esiste un’altra mafia, la “nuova mafia”, che svolge in modo  illegale attività legali, non solo e non tanto in sicilia ma in tutta Italia ed anche all’estero.

E’ la mafia degli affari, collegata ai poteri forti economici ed alla massoneria, che non ha bisogno né di esercitare violenza e neanche tanto di corrompere. Si regge sui rapporti di potere e sui meri interessi economici. Entra nell’economia grazie anche alla politica, alle “conoscenze”, alla massoneria.

E qui fa l’esempio delle farmacie, ma sarebbe  uguale il discorso per gli ordini professionali, da ingegnere ne so qualcosa. Ormai, la liberalizzazione imperante, ha portato alla creazione di “Società di Professionisti”, gestite da gruppi  economici, società  pian piano vanno a  che controllare tutte le libere professioni di una volta. Società che entrano a gamba tesa nel settore delle libere professioni avendo solo un unico scopo, quello di guadagnare soldi, al di la di qualsiasi regolamentazione professionale.

Il farmacista, come l’ingegnere, l’avvocato, l’architetto, in futuro, saranno sempre più inglobati in società di proprietà di terzi, in cui svolgeranno attività sempre meno “libere” professionalmente”, in quanto legati mani e piedi  alla società di cui fanno parte. Pensate cosa può diventare l’Italia con una serie di società di professionisti create coi soldi della mafia. Questi professionisti  nella loro professioni non sarebbero più liberi di seguire la loro etica professionale ma sarebbero costretti, con le buone o con le cattive, a seguire le direttive delle società di riferimento.

Pensate ai danni che potrebbe fare un ingegnere chiamato a fare un collaudo che fosse appartente ad una società legata alla mafia ed ai poteri forti. Pensate ai loschi traffici che potrebbe fare una farmacia nel campo di sostanze. Pensate a questi professionisti utilizzati come CTU dai giudici durante i processi. Il tutto avverrebbe “legalmente”! Questo è quello che sta accadendo in Italia e pochi se ne stanno accorgendo

Del resto il momento è difficile, molti professionisti sono costretti oggi a chiudere la loro attività autonoma, principalmente per due ordini di motivi: la scarsa solvibilità della clientela e l’enorme peso burocratico e fiscale che spesso rende economicamente svantaggioso svolgere un’attività del genere, soprattutto per gli studi medio-piccoli. Questi professionisti potrebbero essere attratti dalle società di cui sopra le quali, in cambio di uno stipendio fisso non elevato, garantendo comunque una sopravvivenza economica dei soggetti, si richiederà loro di chiudere un occhio in materia di deontologia professionale quando sia necessario.

Qualsiasi serio professionista sa che invece è proprio il rispetto della deontologia professionale il cardine della professione, altrimenti noi ingegneri potremmo arrivare a firmare qualsiasi pezzo di carta senza neanche guardarlo, con possibili gravi rischi sociali (pensiamo solo ad un collaudo di una struttura). O pensate ad una farmacia che commerci sostanze illegali!

E’ quindi compito del legislatore invertire questa tendenza, che dal governo Prodi in poi ha favorito sempre di più i potentati economici a discapito del singolo professionista, come dei grandi gruppi economici a discapito delle attività di medio o piccolo cabotaggio, attività che rappresentano invece le fondamenta dell’economia italiana. . Le “liberalizzazioni”, partendo dal governo Prodi fino agli “sblocca italia” di Renzi stanno bruciando tutta l’economia sana italiana creando una serie di gruppi di potere finanziari,  che, non a caso,  sono quelli che sostengono la politica.

L’ultima spallata, in termini di tempo, è quella che il governo Renzi sta facendo alla Costituzione Italiana, che semmai dovrebbe essere implementata dal punto di vista democratico piuttosto che “smantellata”. L’obiettivo è quello di avere un esecutivo più forte e meno controllabile, di ridurre gli spazi di democrazia ed aumentare nel contempo gli spazi di impunità per gli uomini di potere.

Occorre recidere i legami affaristici che legano mafia, potere politico, massoneria, grandi gruppi economici, con la compiacenza di parti deviate dello stato (polizia, magistratura, enti di controllo, amministrazione statale e locale).

Ormai la criminalità mafiosa utilizza pochissimo l’arma della minaccia, semmai la corruzione, ma  si preferisce usare altri sistemi solo apparentemente leciti ma che si basano ad esempio sul conflitto di interessi o sugli interessi privati in atti d’ufficio.

Quindi occorre combattere le privatizzazioni, rendere più trasparente la gestione della cosa pubblica, ristabilire la legalità partendo non dal piccolo ma dal grande. Perché non può esistere  legalità dove non c’è la giustizia sociale e dove c’è un forte sbilancio tra il tanto guadagnato da pochi col poco guadagnato da tanti.

Occorre combattere le lobbies economiche, ripristinare la sovranità monetaria, ripubblicizzare la Banca d’Italia, controllare le banche d’affari eventualmente nazionalizzandole, togliendo spazio e forza ai grandi trust presenti in italia. E ri-nazionalizzando tutte le attività che economicamente portano utili, pensao ad esempio alla gestione delle autostrade. Per quale motivi la Fiat o il gruppo Benetton devono “guadagnare” su infrastrutture pagate da tutti i cittadini?

Queste sono alcune riflessioni che, partendo dal discorso”mafia” arrivano a conclusioni solo apparentemente molto lontane. Ma “tutto è connesso”, anche se noi non ce ne accorgiamo ed i media si guardano bene da dircelo. Del resto anche i media fanno riferimento a dei gruppi economici ben precisi…

 

Rosy Bindi e gli “Impresentabili”

news20233 Fonte della foto:

Rosy Bindi: non è mai stata vicina alle mie posizioni politiche, l’ho sempre considerata facente parte della CASTA POLITICA ITALIANA, anche se ha avuto la mia simpatia quando b. la faceva oggetto di meschine prese in giro, eppure oggi le voglio dare la mia solidarietà per quello che le sta accadendo.

Gli antefatti:
Dal 22 ottobre del 2013 la Bindi copre il ruolo di Presidente della commissione Antimafia, commissione in passato non sempre troppo in linea col suo compito “antimafia”, in quanto troppo spesso tra i suoi componenti c’erano personaggi in odore di mafia. Per la verità la stessa Bindi, nei circa vent’anni e più di frequentazione dei palazzi della politica, non si era mai occupata di malavita o di mafia. Dopo la sua elezione il Fatto Quotidiano scrisse di Rosy Bindi folgorata sulla via dell’impegno antimafia.

Ma andiamo all’oggi. L’intera commissione antimafia del parlamento italiano in collaborazione con la DNAA (Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo) e con le Procure di tutta italia, ha svolto un lavoro di controllo dei dati relativi ai candidati alle ultime regionali per vedere se rispondessero ai requisiti della legge Severino ed al codice di autoregolamentazione approvato precedentemente dalla Commissione Antimafia stessa.

Questo per segnalare eventuali posizioni di candidati che abbiano avuto contatti col mondo della malavita e delle mafie, contatti certificati da procedimenti penali a carico.

In questo link potete trovare la comunicazione della Bindi, con una esaustiva descrizione del lavoro svolto dalla commissione: File-unico-Relazione-lista-nomi

Questo lavoro doveva essere un’azione di trasparenza nei confronti degli elettori, per dire, attenzione, questi candidati hanno avuto un passato con delle forti ombre, con le leggi attuali possono presentarsi alle elezioni ma alcuni possono decadere successivamente in base alla legge Severino.
Ebbene, un’azione di trasparenza benemerita, è stata attaccata da più parti e soprattutto dal partito stesso della Bindi, Il PD, Alcun i candidati hanno minacciato di denunciare la Bindi stessa per danno di immagine, cioè la commissione non doveva pubblicizzare i risultati del lavoro fatto (!!)Cio a dire doveva “nascondere” il lavoro fatto. Tra i sedicenti denuncianti, oltre un furente De Luca, l’ineffabile moglie di Mastella, Sandra Lonardo, che ha perso l’ennesima occasione di tacere.

La Bindi replica, soprattutto alle critiche provenienti dal suo stesso partito:
“Ho taciuto per tutto il pomeriggio di fronte al tentativo di delegittimare la Commissione e la mia persona. Ed ora per il nome di un candidato, la cui condizione era conosciuta da tutti, ci si indigna contro il lavoro di Commissione e presidente. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, certamente non sono io”, ha detto Rosy Bindi. “Giudicheranno gli italiani chi davvero usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io”, risponde Rosy Bindi ai vicesegretari del Pd, Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani che l’hanno accusata di aver usato la lista degli impresentabili per “una personale lotta politica”.

In sostanza Rosy Bindi ha reagito di fronte all’atteggiamento ipocrita del suo partito, che invece di appoggiarla l’ha letteralmente “scaricata” pur di salvare un candidato pieno di pacchetti di voti utili alla causa del PD anche se “impresentabile”.

Esprimiamo apprezzamento a Rosy Bindi per il lavoro da lei svolto con la commissione antimafia. Certo è che Rosy Bindi finalmente si è accorta che covo di vipere è il PD, essere scaricata per aver svolto con serietà il suo lavoro, senza guardare in faccia a nessuno, è semplicemente scandaloso.

L’unica critica sul lavoro fatto dalla commissione antimafia è che è ottimo dal punto di vista della trasparenza ma insufficiente per dare patenti di onorabilità a chi non risulta nella lista. Insomma, direi che dare un bollino blu di qualità a chi non compare sulla lista è un tantino eccessivo. Viceversa i segnalati nell’elenco sono stati segnalati in base a dati certificati dal lavoro delle procure e del DNAA, quindi in base a dati certi e certificati.

E’ inutile dire che, la Bindi non ha nulla da temere per le presunte denuncie, annunciate solo per intimorirla, in quanto non siamo ancora in dittatura e un parlamentare è libero di svolgere il suo mandato senza limiti di questo tipo.

In ricordo di Peppino Impastato e di Giuseppe Gatì

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Il 5 Gennaio del 1948 nasceva a Licata Giuseppe Impastato, detto Peppino.  Lui, nato da una famiglia mafiosa, si dedicò ad una campagna antimafia dalla sua radio libera, radio Aut, dalla quale partivano accuse e strali continui verso politici e imprenditori collusi con la mafia. Durò poco.
La notte notte dell’8 maggio del 1978 fu trovato ucciso vicino alla linea ferroviaria, apparentemente vittima di un attentato che lui stesso aveva messo in atto. Ma era solo una tragica messiscena mafiosa. Tra depistaggi ed altro ci vollero quasi 30 anni prima che la giustizia condannasse l’esecutore materiale ed il mandante dell’omicidio di Peppino Impastato.

Mi piace ricordarlo con un articolo che un altro Giuseppe, Giuseppe Gatì, scrisse il 25 Maggio del 2008,  in ricordo dell’assassinio di Impastato.

I due “Giuseppe” furono uniti da un tragico destino.

Giuseppe Gatì morì in circostanze “poco chiare” la notte del 31 gennaio 2009, nella tenuta del padre, ucciso da una scarica elettrica provocata forse da un filo elettrico scoperto. Le indagini dissero che non c’erano prove di una azione dolosa. Rimane il fatto che solo pochi giorni prima Giuseppe aveva contestato con grande clamore Vittorio Sgarbi presso la biblioteca comunale di Agrigento. Quello Sgarbi che non perdeva occasione, quando stava in Sicilia,  per dire che “la mafia non esiste”.

Giuseppe Gatì era un ragazzo che si era già distinto per il suo impegno civile e la lotta antimafia.

Molti videro in quell’incidente “fortuito” la mano della mafia, che alla lupara preferisce, se possibile, azioni mascherate da “incidente”.

In ogni caso, il giorno  dell’anniversario della nascita di Perppino Impastato vogliamo  ricordarli tutti e due, sperando che il loro esempio sia di guida per i giovani siciliani e non, di oggi.

Riportiamo qui sotto quello che scrisse Giuseppe Gatì e che, successivamente, dagli amici pubblicarono postumo nel suo blog http://lamiaterraladifendo.it/

LETTERA A PEPPINO IMPASTATO
<Premessa degli amici di Giuseppe Gatì:

14 Marzo 2009

Tra gli scritti di Giuseppe abbiamo trovato questa lettera incompiuta a Peppino Impastato scritta il 25 Maggio 2008. È una bozza di un articolo destinato a “Qui Campobello Libera”, un giornalino fondato da Giuseppe con alcuni amici sulla scia di “Qui Milano Libera” e il blogger Piero Ricca, di cui sono usciti solo pochi numeri.
Questa lettera non è mai stata completata, nè pubblicata.
Quei puntini di sospensione siano per noi qualcosa a cui aggrapparci per continuare quello che Giuseppe ha iniziato, con il suo coraggio e la sua purezza.>

LETTERA A PEPPINO IMPASTATO

di Giuseppe Gatì
Giuseppe Impastato,meglio conosciuto come Peppino , attivista contro la mafia……………..

Caro Peppino,
Sono passati ormai 30 anni dalla tua morte, dal giorni in cui salutasti la tua Sicilia.
Quanto la amavi questa terra eh? La amavi cosi’ tanto da sacrificare la tua vita cercando di poterla cambiare
Quante lotte, e quante volte coi denti stretti e I pugni in tasca ti sei “arraggiato” contro lo schifo che ti circondava.
Non so se da qualche parte hai visto quello che hai lasciato, quanto altro sangue è scorso dopo il tuo, quante mogli rimaste vedove, e quanti bambini diventati orfani.
La Mafia ha continuato a mietere altre vite dopo la tua, anche se adesso si è “ammodernata” anche lei.
I mafiosi non vanno piu’ in giro con la coppola e I baffetti, ma indossano giacche a doppiopetto e qualche volta occupano addirittura ruoli istituzionali, oppure fanno eleggere amici e galoppini .
Ah scusami! Con la fretta ho dimenticato di presentarmi, anche io come te mi chiamo Giuseppe, e con un gruppo di amici ci siamo “amminchiati” come te, a voler fare qualcosa per vedere le cose girare nel verso giusto.
Siamo stanchi di vivere, anzi di sopravvivere tra compromessi, favoritismi, raccomandazioni e “buone parole”.
Certo potresti dire che anche tu sei stanco, ma di sentire sempre le stesse cose da giovani ventenni, che credono di poter cambiare il mondo, ma che alla fine si adegueranno a questa societa’.
Oggi come allora, chi alza un po di piu’ la testa, viene etichettato come comunista, anarco insurrezionalista, no global, appartenente ad un non ben definito centro sociale o meglio ancora terrorista.
Ma ritorniamo alla situazione attuale del nostro paese.
Dopo la tua morte, qualche “illuso” magistrato, si era messo in testa di fare il suo dovere (e perche’ mai poi?), osando addirittura insinuare che tra mafia e politica esistesse un certo connubbio (che idiozia!), finendo le loro indagini tre piedi sotto terra. A fargli compagnia, si unirono anche giornalisti (che avevano la presunzione di fare nomi e cognomi del malaffare), imprenditori (vergognosamente rifiutati di pagare il pizzo), normali cittadini (con un’insensata voglia di legalita’ e giustizia).
Non ti preoccupare comunque, non va mica cosi male di come potresti pensare?!
Oggi I magistrati non vengono piu’ fatti saltare in aria, ma vengono ridicolizzati, screditati, ed infine trasferiti; le bocche dei giornalisti, tappate dai loro stessi direttori o editori perche’ non si puo’ certo parlare male dei cosiddetti “poteri forti”; il singolo cittadino non viene piu’ messo al corrente dell’approvazione di certe leggi…