La bufala dello “stop alla carne sintetica”

Già il termine “sintetico” è erroneo. Non esiste nessuna “carne sintetica”, ovvero derivata dalla chimica, ma solo carne che viene “coltivata” partendo da cellule di animali vivi, senza doverli uccidere,

La procedura, illustrata dal Corriere della Sera, prevede:

  • il prelievo di cellule con una biopsia da un animale vivo o da carne fresca;

  • ’estrazione delle cellule staminali;

  • la proliferazione delle cellule in una soluzione nutritiva all’interno di un bioreattore;

  • la lavorazione delle fibre muscolari;

  • la produzione finale della carne coltivata.

La carne coltivata è legale oggi negli Stati Uniti e a Singapore.

Il vantaggio della carne in vitro è che da una sola cellula si possono ottenere 10 mila chili di carne in poche settimane. E senza uccidere e macellare animali.

. Ricordiamo che
l‘allevamento intensivo degli animali, oltre a provocare enorme sofferenze agli stessi, consuma tantissima acqua,. crea dei danni ambientali per quanto riguarda il riscaldamento globale e l’effetto serra e toglie spazi all’alimentazione vegetariana,

Svantaggi: il costo, ancora oggi altissimo, ed i tempi. Questa tecnologia necessita ancora di anni di ricerca per essere alla portata di tutti.

Quindi? Quindi questa legge è l’ennesimo fumo negli occhi gettato da questo governo incapace di risolvere i problemi.

Nello specifico i VERI PROBLEMI RIGUARDANTI L’ALIMENTAZIONE SONO QUELLI LEGATI DALLA LEGALIZZAZIONE DEI PESTICIDI E DEL GLIFOSATO , CHE CREANIO ENORMI DANNI ALL’AMBIENTE ED ALLA SALUTE DEI CITTADINI, PROVOCANDO L’AUMENTO DEI TUMORI NELLE PERSONE CHE VIVONO NELLE VICINANZE DELI CAMPI O CHE SI NUTRONO DI QUEI PRODOTTI.

Occorrerebbe vietare tutte le coltivazioni non biologiche, favorendo per tutti il passaggio alla AGRICOLTURA BIOLOGICA, per garantire una maggiore sicurezza alimentare. E invece un giorno si parla della farina dei grilli ed il giorno dopo della “carne detta sintetica”, fumo negli occhi per nascondere i veri problemi.

Anche perchè i grilli o la carne coltivata ognuno può sempre decidere di mangiarli o meno, ma i pesticidi invece entrano nel ciclo biologico, avvelenano le falde acquifere e colpiscono TUTTI I CITTADINI

L’importanza della “resilienza” nelle “emergenze”

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<La sottile differenza tra la politica delle “Grandi Opere” a livello nazionale e quella delle “Piccole Opere” a livello locale.>

Se c’è una cosa che ha dimostrato questa ennesima “emergenza”, nata da una miscela infernale di forti nevicate + forti scosse di terremoto + altre problematiche di carettere idrogeologico ( frane, slavine, esondazioni di fiumi, ecc), è che l’attuale sistema economico e sociale è incapace di “prevenire” queste situazioni , che sono sì eccezionali ma che nonostante questo, avvengono in Italia con una certa regolarità.

Intanto ricordiamoci che
1) il Centro Italia, come il resto dell’Italia, è a rischio sismico e che sciami sismici di forte intensità non sono una novità nella storia dei terremoti in Italia. Quindi stupisce che molti si stupiscano della forza delle ultime scosse.
2) Le zone colpite dalle ultime scosse d’inverno sono spesso colpite da forti nevicate, quindi anche questa “emergenza” (emergenza-neve) è una emergenza che si poteva anche immaginare, soprattutto quando si è pianificato come agire nei riguardi degli sfollati e degli agricoltori ed allevatori rimasti senza casa e senza stalle.
3) Tutta l’Italia è a rischio idrogeologico. Il territorio, sempre meno curato a livello locale, è sempre più soggetto a frane ed esondazioni.

Tutto questo ha portato al collasso totale di una grande fetta dell’Italia centrale. Intendiamoci, questo non vuol dire necessariamente puntare l’indice contro le autorità (sindaci, prefetti, presidenti di regione, capo della protezione civile, carabinieri,, guardia di finanza, esercito, ecc ecc). Questo significa piuttosto che il tessuto delle infrastrutture a livello locale è scadente, che le singole comunità (frazioni/paesi/città/provincie) non sono assolutamente in grado si far fronte autonomamente a situazioni eccezionali e lo stesso avviene a livello di singoli cittadini.
Un esempio: il semplice black out della corrente (provocato dal crollo di alcuni tralicci sulle linee) provoca la disattivazione delle apparecchiature elettriche (frigoriferi, telefoni, il 95% degli impianti di riscaldamento, pompe di benzina, apparecchiature elettroniche). Questo crea il collasso del sistema energetico e delle comunicazioni.

In più il grande freddo può gelare l’acqua nelle condutture. Praticamente a casa non ci si può più riscaldare/lavare/bere. Non si può uscire di casa perchè le strade sono bloccate dalla neve e nello stesso tempo rimanere a casa è rischioso per via delle nuove scosse.

Quindi? Quindi occorrerebbe che l’economia cambiasse pelle e permettesse una maggiore resilienza” delle comunità e dei singoli cittadini. La resilienza è la capacità di superare momenti di difficoltà imprevisti senza avere aiuti dall’esterno.

Facciamo degli esempi. E’ folle pensare che oggi il 95% delle apparecchiature in casa ma anche in negozio e nei luoghi di lavoro, si appoggi alla linea elettrica nazionale. Una interruzione della linea provoca danni inenarrabili.
Occorrerebbe sfruttare forme di energia rinnovabile autonome che permettano il superamento almeno parziale dei momenti di crisi.

Su questo l’Italia è a quota ZERO.

Gruppi di comuni (non li chiamerei provincie perchè sarebbero state abolite) dovrebbero rendersi autosufficienti per quello che riguarda la dotazione di mezzi di soccorso per le varie emergenze (sanitarie, terremoti, neve, alluvioni, ecc), usufruendo di mezzi propri e/o di mezzi “distaccati” della protezione civile, dei vvff, dell’esercito.

Importantissima è anche l’informazione dei cittadini su come comportarsi in caso di emergenze di vario tipo. La protezione civile ha realizzato degli opuscoli che sono un’ottima base di partenza per istituire documenti ancora più completi e facili da capire da divulgare presso tutti i cittadini.

Altro campo fondamentale è quello della manutenzione e messa in sicurezza degli edifici pubblici (scuole, ospedali, prefetture, strutture polivalenti, ecc) . Gli edifici pubblici NON DOVREBBERO CROLLARE, anzi DOVREBBERO RIMANERE FUNZIONANTI, per permettere un rifugio sicuro agli sfollati, anche sotto i colpi di scosse che non siano di terremoti iperdistruttivi (superiori a 7 gradi della scala richter). E’ impensabile che a L’Aquila la prefettura sia crollata indecorosamente alla prima scossa forte e lo stesso sia accaduto per molte scuole.

Per quanto riguarda il rischio idrogeologico e le altre calamità naturali, grande importanza riveste la manutenzione e la cura del territorio. Boschi, fiumi, laghi devono essere manutenzionati periodicamente, a cura dell’amministrazione del territorio, magari con il coinvolgimento di associazioni volontaristiche, che lo farebbero ben volentieri, e protetti dall’invasività del cemento. Più cemento più rischio idrogeologico!

Dal punto di vista energetico, occorrerebbe sfruttare energie rinnovabili da utilizzare a livello locale (una miscela tra eolico, solare e termico solare sarebbe auspicabile, utilizzando anche l’energia geotermica. Oggi come oggi, un edificio all’avanguardia è in grado, grazie al contemporaneo utilizzo di tecniche di riduzione dei consumi (ad esempio col cappotto termico, e con il riutilizzo delle acque) e di produzione di energia rinnovabile pulita (solare+mini-eolico+geotermico), di avere un bilancio energetico pari a zero. Ovvero non dover richiedere dalla rete esterna un apporto di energia (niente più allacci alle reti elettriche/gas).

Una economia a km zero poi faciliterebbe poi la rete di trasporti, limitando, per quanto possibile, la movimentazione di merci e prodotti.

Queste sono solo alcune delle decine e decine di soluzioni che renderebbero più “resiliente” ampie fette del nostro bellissimo ma bistrattato territorio.

Ma già sappiamo che da domani i politici continueranno a proporci “grandi opere”, grandi “cattedrali nel deserto” piuttosto che opere utili, più piccole ma di maggiore utilità.

Basta poco per ridurre drasticamente il consumo di acqua nelle nostre case!

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Riprendiamo oggi, qui sul mio nuovo blog, una serie di articoli riguardanti il come essere più “virtuosi” nel campo del rispetto dell’ambiente e del risparmio di energia, acqua e altre risorse che non sono illimitate, nel complesso del nostro pianeta TERRA:.

Da un paio di anni ho deciso di diminuire il consumo d’acqua nella mia abitazione. Come? Semplicissimo, ho messo una piccola bacinella sul lavandino e raccolgo l’acqua del lavaggio delle mani, dei denti e di tutte le abluzioni quotidiane. Quest’acqua viene adoperata come acqua di scarico per il gabinetto, Una volta riempita la bacinella, getto l’acqua in un secchio e dal secchio, quando c’è necessità, scarico l’acqua nel gabinetto al momento “opportuno”,

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Praticamente sono almeno un paio di anni che non adopero più lo scarico dell’acqua tramite cassetta!

Raccolgo anche parte dell’acqua della doccia, utilizzo l’acqua di lavaggio di frutta e verdura per il giardino, insomma mi ci sono messo d’impegno. Qualcuno magari mi vorrebbe chiedere: ma qual è il risparmio economico nel fare tutto ciò?

A parte un minor impatto ambientale dovuto ad un minore consumo di acqua, c’è anche un forte beneficio nel bilancio domestico, Sono rimasto stupito quando ho controllato i consumi a calcolo che mi addebitava l’ente erogatore. Praticamente negli ultimi due anni hanno continuato a calcolare il consumo degli anni precedenti, il risultato è che, bè ho acquisito in questi due anni un credito con l’Acea pari a circa 250 €! Diciamo che questo equivale, più o meno, al risparmio di due anni di utilizzo di bacinella! E scusate se non è poco.Altro piccolo “trucchetto, per igienizzare i sanitari e tenere sempre liberi i tubi di scarico del bagno. Ogni tanto mettete a bollire un pò di acqua in una pentola e, appena arriva all’ebollizione, gettate l’acqua in tutti i lavandini, bidet o gabinetti che avete in casa. Servirà per “ammazzare” i germi che si possono annidare in quei posti, senza utilizzare prodotti chimici tossici ed inquinanti e servirà anche a dare un forte effetto “idraulico liquido” per sturare i tubi. Se avete uno scarico mezzo intasato, Mettete, insieme all’acqua bollente, un poco di soda solvay. Aumenterà l’effetto dell’acqua calda.

La prossima volta vi parlerò di risparmio sui saponi e  detersivi. Alla prossima!