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<La sottile differenza tra la politica delle “Grandi Opere” a livello nazionale e quella delle “Piccole Opere” a livello locale.>
Se c’è una cosa che ha dimostrato questa ennesima “emergenza”, nata da una miscela infernale di forti nevicate + forti scosse di terremoto + altre problematiche di carettere idrogeologico ( frane, slavine, esondazioni di fiumi, ecc), è che l’attuale sistema economico e sociale è incapace di “prevenire” queste situazioni , che sono sì eccezionali ma che nonostante questo, avvengono in Italia con una certa regolarità.
Intanto ricordiamoci che
1) il Centro Italia, come il resto dell’Italia, è a rischio sismico e che sciami sismici di forte intensità non sono una novità nella storia dei terremoti in Italia. Quindi stupisce che molti si stupiscano della forza delle ultime scosse.
2) Le zone colpite dalle ultime scosse d’inverno sono spesso colpite da forti nevicate, quindi anche questa “emergenza” (emergenza-neve) è una emergenza che si poteva anche immaginare, soprattutto quando si è pianificato come agire nei riguardi degli sfollati e degli agricoltori ed allevatori rimasti senza casa e senza stalle.
3) Tutta l’Italia è a rischio idrogeologico. Il territorio, sempre meno curato a livello locale, è sempre più soggetto a frane ed esondazioni.
Tutto questo ha portato al collasso totale di una grande fetta dell’Italia centrale. Intendiamoci, questo non vuol dire necessariamente puntare l’indice contro le autorità (sindaci, prefetti, presidenti di regione, capo della protezione civile, carabinieri,, guardia di finanza, esercito, ecc ecc). Questo significa piuttosto che il tessuto delle infrastrutture a livello locale è scadente, che le singole comunità (frazioni/paesi/città/provincie) non sono assolutamente in grado si far fronte autonomamente a situazioni eccezionali e lo stesso avviene a livello di singoli cittadini.
Un esempio: il semplice black out della corrente (provocato dal crollo di alcuni tralicci sulle linee) provoca la disattivazione delle apparecchiature elettriche (frigoriferi, telefoni, il 95% degli impianti di riscaldamento, pompe di benzina, apparecchiature elettroniche). Questo crea il collasso del sistema energetico e delle comunicazioni.
In più il grande freddo può gelare l’acqua nelle condutture. Praticamente a casa non ci si può più riscaldare/lavare/bere. Non si può uscire di casa perchè le strade sono bloccate dalla neve e nello stesso tempo rimanere a casa è rischioso per via delle nuove scosse.
Quindi? Quindi occorrerebbe che l’economia cambiasse pelle e permettesse una maggiore resilienza” delle comunità e dei singoli cittadini. La resilienza è la capacità di superare momenti di difficoltà imprevisti senza avere aiuti dall’esterno.
Facciamo degli esempi. E’ folle pensare che oggi il 95% delle apparecchiature in casa ma anche in negozio e nei luoghi di lavoro, si appoggi alla linea elettrica nazionale. Una interruzione della linea provoca danni inenarrabili.
Occorrerebbe sfruttare forme di energia rinnovabile autonome che permettano il superamento almeno parziale dei momenti di crisi.
Su questo l’Italia è a quota ZERO.
Gruppi di comuni (non li chiamerei provincie perchè sarebbero state abolite) dovrebbero rendersi autosufficienti per quello che riguarda la dotazione di mezzi di soccorso per le varie emergenze (sanitarie, terremoti, neve, alluvioni, ecc), usufruendo di mezzi propri e/o di mezzi “distaccati” della protezione civile, dei vvff, dell’esercito.
Importantissima è anche l’informazione dei cittadini su come comportarsi in caso di emergenze di vario tipo. La protezione civile ha realizzato degli opuscoli che sono un’ottima base di partenza per istituire documenti ancora più completi e facili da capire da divulgare presso tutti i cittadini.
Altro campo fondamentale è quello della manutenzione e messa in sicurezza degli edifici pubblici (scuole, ospedali, prefetture, strutture polivalenti, ecc) . Gli edifici pubblici NON DOVREBBERO CROLLARE, anzi DOVREBBERO RIMANERE FUNZIONANTI, per permettere un rifugio sicuro agli sfollati, anche sotto i colpi di scosse che non siano di terremoti iperdistruttivi (superiori a 7 gradi della scala richter). E’ impensabile che a L’Aquila la prefettura sia crollata indecorosamente alla prima scossa forte e lo stesso sia accaduto per molte scuole.
Per quanto riguarda il rischio idrogeologico e le altre calamità naturali, grande importanza riveste la manutenzione e la cura del territorio. Boschi, fiumi, laghi devono essere manutenzionati periodicamente, a cura dell’amministrazione del territorio, magari con il coinvolgimento di associazioni volontaristiche, che lo farebbero ben volentieri, e protetti dall’invasività del cemento. Più cemento più rischio idrogeologico!
Dal punto di vista energetico, occorrerebbe sfruttare energie rinnovabili da utilizzare a livello locale (una miscela tra eolico, solare e termico solare sarebbe auspicabile, utilizzando anche l’energia geotermica. Oggi come oggi, un edificio all’avanguardia è in grado, grazie al contemporaneo utilizzo di tecniche di riduzione dei consumi (ad esempio col cappotto termico, e con il riutilizzo delle acque) e di produzione di energia rinnovabile pulita (solare+mini-eolico+geotermico), di avere un bilancio energetico pari a zero. Ovvero non dover richiedere dalla rete esterna un apporto di energia (niente più allacci alle reti elettriche/gas).
Una economia a km zero poi faciliterebbe poi la rete di trasporti, limitando, per quanto possibile, la movimentazione di merci e prodotti.
Queste sono solo alcune delle decine e decine di soluzioni che renderebbero più “resiliente” ampie fette del nostro bellissimo ma bistrattato territorio.
Ma già sappiamo che da domani i politici continueranno a proporci “grandi opere”, grandi “cattedrali nel deserto” piuttosto che opere utili, più piccole ma di maggiore utilità.